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Organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale: finanziamento e gestione delle risorse

Servio Sanitario Nazionale
Servio Sanitario Nazionale

Abstract:

Il Servizio Sanitario Nazionale: i limiti del finanziamento e le pressioni per giungere al federalismo. Dall’istituzione, con la L. 833/1978, si è sempre presentato come uno dei settori strategici per politica ed economia che, con l’arrivo della pandemia, ha mostrato il suo lato più fragile. Il gioco-forza sullo stanziamento delle risorse fra Stato e Regioni rappresenta uno dei banchi di prova più difficili per i governi ed il riparto fra le Regioni accresce i divari economico-sociali.

 

Indice:

1. Il quadro normativo

2. Il finanziamento statale

3. Il riparto degli stanziamenti fra Regioni

4. Il livello locale: A.S.L. e le A.O.

Letture consigliate

 

1. Il quadro normativo

L’anno 2020 ha fatto emergere nel settore sanitario, possiamo dire, i cosiddetti “nodi al pettine”.

Senza ovviamente la pretesa di operare critiche o di formulare ipotetiche soluzioni, si vuole passare in rassegna alcuni punti fondamentali del vigente impianto finanziario del settore sanitario, con l’auspicio che possano essere spunti di riflessione in questa nuova era di “ripartenza”.

Il Sistema Sanitario Nazionale istituito, come noto, con la legge 833/1978, presenta caratteristiche che, pur nella mutevolezza delle decisioni politiche susseguitesi, hanno rappresentato non solo un’evoluzione del servizio pubblico offerto alla popolazione ma, soprattutto a livello contabile, una voce di costo e di entrata del comparto pubblico influente sul bilancio di Stato e Regioni.

Il sistema di finanziamento risulta senz’altro uno dei banchi di prova più difficili nel braccio di ferro fra Regioni e Stato centrale e, partire dalle riforme del 1992-1993, si è assistito ad una progressiva, ma costante, contrazione della spesa destinata al settore.

 

2. Il finanziamento statale

Il comparto viene finanziato dagli introiti derivanti dalla fiscalità generale ed il processo avviene mediante due fasi rappresentate, rispettivamente, dallo stanziamento generale dei fondi da parte del governo centrale e dal riparto dello stesso fra le Regioni.

Precisamente, gran parte del finanziamento deriva dall’IRAP e addizionale regionale IRPEF. Se tali entrate non riescono a coprire il fabbisogno interviene il fondo di garanzia dello Stato che ripartisce le risorse prelevandole dalla fiscalità nazionale. Lo Stato, dunque, stanzia una somma di denaro complessiva, attraverso la Legge di Bilancio dell’anno, determinata in base ai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Questi rappresentano servizi uniformemente garantiti, su tutto il territorio nazionale, a ciascun cittadino in maniera gratuita o con il pagamento di un ticket.

La definizione dei LEA è stata oggetto di plurime precisazioni e, da ultimo, è intervenuta anche la Corte Costituzionale con la recente sentenza n. 62/2020 che ne rimarca la “visione trascendentale collocandoli al centro della tutela costituzionale della persona umana sia nella prospettiva individuale che collettiva”.

Le Regioni, attraverso il banco di confronto della Conferenza Stato-Regioni, fanno fronte comune verso il governo, sempre restio a concedere ingenti somme. Attualmente, lo stanziamento statale avviene basandosi essenzialmente sulla spesa dell’anno precedente e incrementando solo di qualche punto percentuale le risorse. In passato si è tentato di procedere ad una programmazione di spesa anche su base triennale che non ha prodotto i risultati sperati ma, anzi, ha determinato frequenti scostamenti.

È bene ricordare che, sebbene le dirette partecipanti al tavolo delle trattative con il governo siano le Regioni, non sono gli unici soggetti che beneficiano dello stanziamento dei fondi. Basti pensare alle varie case di cura private o a chi intrattiene rapporti diretti con la Sanità Pubblica come il settore farmaceutico e i medici di famiglia convenzionati.

 

3. Il riparto degli stanziamenti fra Regioni

Successivamente, il riparto della somma stanziata dal governo sposta le frizioni internamente agli stessi enti locali. Ciascuna Regione, infatti, presenta caratteristiche diverse dal punto di vista della popolazione, sia per quanto riguarda abitudini sociali e condizioni igieniche, sia per l’incidenza di diverse patologie, nonché variabili economico-sociali e tecnologiche che incidono diversamente sulle realtà territoriali.

Proprio per questo, ogni Regione spinge per adottare indici di riparto diversi e maggiormente vantaggiosi in relazione alle proprie caratteristiche. Ad oggi, infatti, gli unici indicatori comuni per la spartizione delle risorse finanziarie sono la struttura anagrafica e la popolazione residente. Questi criteri, benché mitigati dalla situazione emergenziale del 2020 che ha determinato uno sforzo complessivo di tutto il paese, non solo a livello sanitario ma anche rispetto alle risorse impiegate per far fronte alla pandemia, in linea generale finiscono per privilegiare senza dubbio le regioni del Nord.

Tuttavia, negli ultimi anni si è tentato, con scarso successo, di ancorare il trasferimento di risorse al c.d. “costo standard” dei LEA nelle regioni benchmark, indicate quali regioni di riferimento dalla legge delega 49/2009, contraddistinte per un particolare virtuosismo nell’erogazione dei servizi sanitari.

La spesa sanitaria impatta notevolmente, non solo sul bilancio statale, ma anche sui singoli bilanci regionali, rappresentandone circa l’80% delle uscite complessive. Diverse regioni, infatti, hanno spesso sforato la somma assegnata. Ciò ha aggravato i rapporti con altre regioni, più virtuose, le quali hanno più volte auspicato la velocizzazione dell’effettivo passaggio al federalismo fiscale.

Al fine di porre un freno a questa situazione, il governo nazionale ha siglato una serie di “Patti per la salute”, con cui si è preso carico dei debiti regionali. Il tutto è stato però condizionato alla sottoscrizione di “piani di rientro” fra il Ministero dell’Economia e della Sanità, da un lato, e le Regioni in difficoltà, dall’altro, al fine di ristabilire, entro tre anni, l’equilibrio economico-finanziario. In caso di mancato perseguimento dell’obiettivo, la Regione coinvolta perderà la propria autonomia di gestione, attraverso il commissariamento del suo settore sanitario.

Da un lato è oramai noto che tali misure hanno risanato i conti regionali, dall’altro, le stesse sono andate inevitabilmente a discapito dei servizi offerti, risultati quantitativamente e qualitativamente più scarsi.

 

4 Il livello locale: A.S.L. e le A.O.

Da ultimo è necessario un breve accenno all’impiego delle risorse regionali fra le A.S.L. e A.O., le quali vengono rispettivamente finanziate su base capitaria e tariffaria.

Il primo metodo concerne anche la situazione epidemiologica oltre a quella demografica. Il secondo, invece, si basa sulle prestazioni erogate sulla base di tariffe ancorate alle c.d. Diagnosis Related Group. Le D.R.G. sono il metodo con cui vengono classificati i pazienti dimessi in base alle diagnosi raggruppate per trattamenti clinici simili ed omogenei e per impiego di risorse utilizzate durante la degenza. 

A loro volta le ASL potranno decidere come impiegare le risorse e, di conseguenza, come erogare i servizi, direttamente o esternalizzandoli, mediante professionisti convenzionati o strutture accreditate. L’erogazione diretta rappresenta la maggior parte della spesa, coinvolgendo sia le prestazioni ricevute nei presidi ospedalieri sia i dipartimenti di igiene e salute pubblica che, in questo tempo di pandemia, rappresentano uno snodo cruciale nella gestione della crisi. I professionisti convenzionati, invece, coinvolgono non solo i settori di assistenza di medicina generale o di base ma anche l’erogazione di farmaci di cui il SSN si fa carico.

Le strutture private accreditate, invece, al fine di poter beneficiare delle risorse pubbliche, devono garantire alcuni requisiti minimi quale condizione indispensabile per l’autorizzazione ad operare. Per rendere possibile la procedura di accreditamento, dovrà poi seguire la verifica del raggiungimento di necessari standard di qualità superiori. Ciò porterà alla definitiva la stipula di un accordo contrattuale, fra Asl competenti e cliniche private, che verranno remunerate sulla base del tariffario regionale per le prestazioni erogate.

La domanda se l’austerity e l’attuale finanziamento del sistema sanitario potranno essere ancora possibili dopo il 2020 è una riflessione a cui forse non è possibile dare una risposta univoca, anche alla luce delle recenti discussioni relative al c.d. Recovery fund. Ciò che certamente appare evidente è che la pandemia ha riscoperto la fragilità globale di un settore finora troppo spesso sottostimato.

Letture consigliate

  • M. Braganti, Perdite di bilancio e sanzioni per i direttori generali delle A.S.L. e delle Aziende Ospedaliere, in Nuova rassegna di legislazione dottrina e giurisprudenza, fasc. 23-24/1997.
  • Audizione del Presidente della Corte dei conti presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale sullo schema di D.lgs. 339 recante disposizioni per l’attuazione dell’art. 2, comma 2, lettera h) della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni – 17 maggio 2011, in www.corteconti.it
  • Camera dei deputati – Servizio Studi, Il Livello di finanziamento del Servizio Sanitario nazionale, 11 novembre 2020, in www.camera.it
  • F. Maurano, La tutela della salute tra regionalismo italiano e diritto comunitario, in Il governo della salute. Regionalismi e diritti di cittadinanza, Quaderni Formez, 2005
  • F. Toth, Le politiche sanitarie: un gioco strategico, in G. Capano – A. Natalini (a cura di), Le politiche pubbliche in Italia, Bologna, il Mulino, 2020