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Violenza - Cassazione Penale: non sono necessarie minaccia esplicita o violenza fisica affinché si configuri il delitto di violenza privata

Violenza - Cassazione Penale: non sono necessarie minaccia esplicita o violenza fisica affinché si configuri il delitto di violenza privata
Violenza - Cassazione Penale: non sono necessarie minaccia esplicita o violenza fisica affinché si configuri il delitto di violenza privata

La Corte di Cassazione ribadisce che, perché si configuri il delitto di violenza privata, è sufficiente una qualsiasi condotta idonea ad incutere timore e a suscitare la preoccupazione di subire un danno ingiusto tale da comprimere l’altrui libertà di azione: non sono quindi necessarie violenza fisica o minaccia esplicita. Anche altri comportamenti sono infatti dotati della capacità di coartare la volontà altrui necessaria affinché si configuri il delitto di violenza privata, presente all’articolo 610 del Codice Penale (Violenza privata).

 

Il caso

Con la sentenza del 10 febbraio 2012 il Tribunale di Roma condannava un uomo per la commissione del delitto di violenza privata: egli aveva costretto l’ex compagna a salire sulla sua autovettura afferrandola per le spalle e prendendole il cellulare come pegno, in modo tale da assicurarsi che la donna, assentatasi per dare da mangiare ai figli, sarebbe tornata in macchina per recuperare il telefono e portare a termine la conversazione. Al fine di fare confessare alla donna una relazione sentimentale con un nuovo compagno, l’uomo la spaventava lanciando il veicolo ad alta velocità.

In seguito all’impugnazione dell’imputato, la Corte d’appello di Roma ha riformato la decisione di primo grado assolvendolo, poiché dalla descrizione dei fatti compiuta dalla donna non emerge nessun tipo di costrizione fisica a suo danno.

I motivi di ricorso

La donna, in quanto parte civile, promuove ricorso in Cassazione per quattro motivi.

Con il quarto, in particolare, deduce violazione dell’articolo 606 Codice Procedura Penale lettera e) (“ricorso in Cassazione per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”) in relazione all’articolo 610 Codice Penale.

 

La decisione della Corte

La Cassazione ha cassato con rinvio la pronuncia della Corte d’appello.

La Corte riprende una propria sentenza, di data non recente ma mai contrastata, secondo la quale: “ai fini del delitto di violenza privata non è richiesta una minaccia verbale o esplicita, essendo sufficiente un qualsiasi comportamento od atteggiamento, sia verso il soggetto passivo, sia verso altri, idoneo ad incutere timore ed a suscitare la preoccupazione di subire un danno ingiusto, onde ottenere che, mediante tale intimidazione, il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare od omettere qualcosa” (Cassazione sezione 2, sentenza n. 11641 del 06/03/1989, Savini).

Pertanto, secondo la Cassazione: “l’elemento della violenza nella fattispecie criminosa di violenza privata si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione ed azione, potendo consistere anche in una violenza impropria che si attua attraverso l’uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui”. Inoltre, “anche un atteggiamento complessivamente intimidatorio, specie nei rapporti familiari, è stato ritenuto sufficiente ad integrare il requisito della violenza o della costrizione della volontà”.

La Cassazione ha ulteriormente sottolineato come non sia necessaria la fisicità della violenza perché si configuri il reato di cui all’articolo 610 Codice Penale, ma sia sufficiente la violenza morale.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 24 febbraio 2017, n. 29261)