x

x

Gli obblighi del datore di lavoro in caso di infortunio

il fiore dell'età
Ph. Sara Caliolo / il fiore dell'età

Infortunio sul lavoro e colpa del datore di lavoro

Al fine di inquadrare la questione relativa alla colpa del datore di lavoro in tema di infortuni, è necessario sviscerare la riflessione dall’articolo 2087 codice civile.

La norma rubricata “Tutela delle condizioni di lavoro” stabilisce che “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.”.

L’articolo 2087 codice civile non configura una forma di responsabilità oggettiva a carico del datore di lavoro, non potendosi automaticamente desumere dal mero verificarsi del danno l’inadeguatezza delle misure di protezione adottate: la responsabilità datoriale va infatti collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge, o suggeriti dalle migliori conoscenze sperimentali o tecniche del momento, al fine di prevenire infortuni sul lavoro e di assicurare la salubrità e, in senso lato, la sicurezza in correlazione all’ambiente in cui l’attività lavorativa viene prestata (cfr. tra le tante Cassazioni nn. 8381 del 2001, 3234 del 1999, 5035 del 1998).

Si tratta, in altri termini, di un’obbligazione assimilabile a quelle tradizionalmente definite “di mezzi”, in cui la diligenza, oltre a costituire il criterio per valutare l’esattezza dell’adempimento, esaurisce l’oggetto stesso dell’obbligazione, traducendosi nel dovere di conoscere quei saperi e di adottare quelle tecniche considerate più attendibili nell’ottica di perseguire il fine indicato dall’articolo 2087 citato, e in cui il mancato conseguimento di tale fine, rileva solo in quanto sussista un nesso di causalità (non solo in senso materiale, ma anche normativo) tra la condotta che detto obbligo di diligenza abbia violato e l’evento dannoso in concreto verificatosi.

Vale a dire che l’articolo 2087 codice civile, nella misura in cui costruisce quale oggetto dell’obbligazione datoriale un facere consistente nell’adozione delle “misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità dei prestatori di lavoro”, permette di imputare al datore di lavoro non qualsiasi evento lesivo della salute dei propri dipendenti, ma solo quello che concretizzi le astratte qualifiche di negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

Per contro si deve escludersi la responsabilità datoriale ogni qualvolta la condotta sia stata diligente ovvero non sia stata negligente (imprudente, imperita, ecc.) in ordine allo specifico pericolo di cagionare proprio quell’evento concreto che in fatto si è cagionato, cioè quando la regola cautelare violata non aveva come scopo anche quello di prevenire quel particolare tipo di evento concreto che si è effettivamente verificato (o almeno un evento normativamente equivalente ad esso; Cassazione civile, sezione lavoro, n. 12347 del 2016).

Qualora il datore di lavoro ometta poi di avvertire preventivamente il lavoratore dell’esistenza del pericolo, o non avverta più in generale i dipendenti dell’attenzione da prestare, potrà configurarsi una sua responsabilità, ex articolo 2087 codice civile, per l’infortunio occorso al lavoratore solo allorché egli, con comportamenti specifici ed anomali, determini un aggravamento del tasso di rischio e di pericolosità ricollegato indefettibilmente alla natura dell’attività che il lavoratore è chiamato a svolgere (Cassazione civile n. 11427 del 2000).

 

Cosa afferma la giurisprudenza in merito agli infortuni

La giurisprudenza ha osservato che, in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro ha l’obbligo di “analizzare e individuare” con il massimo grado di specificità, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno o all’esterno dell’azienda.

All’esito di questa valutazione, ispirata ad evidenti esigenze di concretezza, il datore di lavoro deve dunque redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’articolo 28 del decreto legislativo n. 81 del 2008, all’interno del quale è tenuto ad indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute.

I debitori dell’obbligo di sicurezza sono tanto il datore di lavoro dell’infortunato quanto il preposto delegato alla sicurezza, i quali ben possono essere chiamati a rispondere ex articolo 2055 codice civile, sulla scorta di titoli di imputazione della responsabilità diversi (anche di recente, la Cassazione non ha escluso che dei danni derivanti dalla violazione degli obblighi di sicurezza possa essere chiamato a rispondere non solo il datore di lavoro in senso formale, ma anche il titolare dei poteri di decisione e di spesa in materia di prevenzione e sorveglianza degli obblighi antiinfortunistici; in tale nozione va, pertanto, inclusa la figura dell’amministratore unico di società che, in quanto titolare di una specifica posizione di garanzia, è responsabile ex articoli 2087 e 2050 codice civile, nonché in relazione al regresso esperibile dall’INAIL ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, articoli 10 ed 11; Cassazione civile 22/01/2021, n. 1399).

Il garante, dunque, ove abbia negligentemente omesso di attivarsi per impedire l’evento, non può invocare, quale causa di esenzione della colpa, l’errore sulla legittima aspettativa in ordine all’assenza di condotte imprudenti, negligenti o imperite da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse imprudenze e negligenze o dai suoi stessi errori, purché connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa. Il datore di lavoro dunque, deve salvaguardare il lavoratore anche da sé stesso, non potendo invocare a propria scusa un legittimo affidamento in ordine alla condotta tenuta dal lavoratore.

Di conseguenza, la responsabilità del datore di lavoro che discende dalla sussistenza del rapporto di lavoro subordinato e la correlata responsabilità posta dalla norma a carico del datore di lavoro implica “necessariamente che quest’ultimo (...) non può invocare come fatto liberatorio l’aver delegato a terzi l’adempimento dell’obbligo di adottare tutte le misure di sicurezza necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro, permanendo a suo carico, a norma dell’articolo 1228 c.c., la responsabilità civile per i fatti dolosi o colposi di costoro (Cassazione civile, 14/05/2019, n. 12573).

 

La più recente giurisprudenza

La Cassazione con un’ordinanza n. 35364/2021 ha accolto il ricorso di un lavoratore che si era visto rigettare, in sede di merito, la domanda proposta nei confronti di due aziende, avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno subito in occasione dell’infortunio sul lavoro occorsogli presso il cantiere della committente ove, incaricato dalla Società datrice di smontare alcuni termoconvettori al pian terreno del cantiere stesso, salendo al piano superiore per cercare valvole idrauliche che potessero intercettare acqua residua nei tubi e ivi aprendo una porta, priva di alcuna segnalazione di pericolo, rimaneva vittima di una caduta nella tromba di un ascensore dismesso, nella quale precipitava.

L’attore chiedeva, nello specifico, a carico della prima impresa, l’accertamento della violazione dell’articolo 2087 codice civile per non aver il lavoratore ricevuto la formazione nei rischi specifici del lavoro e, a carico della seconda, la mancata segnalazione del pericolo.

La decisione della Corte territoriale discendeva dal non aver trovato riscontro la censura formulata dall’appellante, secondo cui il primo giudice avrebbe interpretato in maniera errata lo svolgimento dei fatti come emersi nel corso dell’istruttoria, con particolare riferimento alle direttive impartite dal datore di lavoro.

Era risultato provato che le direttive impartite ai lavoratori erano quelle di procedere allo smontaggio dei due convettori a soffitto siti al piano terra dell’edificio, dovendosi concludere a tale stregua e avendo riguardo alla sentenza penale di assoluzione delle due imprese, in base alla quale il sinistro si era verificato in luogo ove i due operai non avevano motivo di recarsi né avevano ricevuto ordine di andare così da indurre a considerare il sinistro quale conseguenza di un rischio non prevedibile da parte del datore di lavoro, qualificabile dunque come rischio elettivo e ad escludere in capo alla committente la responsabilità che gli deriverebbe dalla disponibilità del bene, stante la riconducibilità del sinistro al caso fortuito.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il lavoratore denunciava la violazione e falsa applicazione degli articoli 2087, 2697 codice civile, 115 e 116 codice procedura civile, imputando alla Corte territoriale l’erroneo apprezzamento degli elementi di fatto utili alla delimitazione dell’area di intervento del ricorrente e dell’obbligo di informazione gravante sul datore.

Deduceva, inoltre, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2051, 2697 codice civile, ribadendo a carico della Corte territoriale il medesimo travisamento della situazione di fatto, sotto il profilo della ritenuta irrilevanza della mancata segnalazione della situazione di pericolo nell’area in cui si era verificato il sinistro. Gli Ermellini hanno effettivamente ritenuto di aderire alle doglianze proposte.

Più di recente, con la sentenza n. 24417, emessa il 26 maggio 2021 e depositata lo scorso 22 giugno, la quarta sezione penale della Suprema Corte ha evidenziato, ancora una volta, come non sia in alcun modo possibile prescindere dall’attività formativa del lavoratore al fine di assicurare una tutela preventiva della salute e della sicurezza sul posto di lavoro.

Il datore deve adottare misure idonee ad eliminare anche i rischi derivanti dall’imprudenza, negligenza o imperizia del lavoratore (Cassazione civile sezione lavoro, 21/09/2021, n.25597).

Infine, con l’ordinanza 8 novembre 2021, n. 32473, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha affrontato il tema del presupposto operativo dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro. In particolare, la Cassazione ha chiarito che non è sufficiente che l’evento si sia verificato nel luogo e nel tempo della prestazione lavorativa, essendo necessario accertare l’esistenza di un nesso eziologico specifico tra attività lavorativa e rischio assicurato.

 

Conclusioni

Nel caso di danno alla salute del lavoratore, la responsabilità del datore di lavoro è esclusa solo se il danno è stato cagionato da una condotta atipica ed eccezionale del prestatore che si pone come causa esclusiva dell’evento dannoso.

Interviene, in tal caso, il rischio elettivo, che si verifica quando la condotta abnorme del lavoratore sia tale da recidere il nesso causale tra l’obbligo di sicurezza gravante sul datore di lavoro e l’infortunio intervenuto.

Al di fuori di tale ipotesi, in linea generale, il datore di lavoro è responsabile quando omette di adottare le misure protettive, comprese quelle esigibili in relazione al rischio derivante dalla condotta colposa del lavoratore. È, parimenti, responsabile se non vigila affinché le misure adottate siano rispettate da parte del dipendente.

In conclusione, l’obbligo di tutela delle condizioni di lavoro (ex articolo 2087 codice civile) non è adempiuto se le misure di prevenzione non sono idonee a eliminare nella misura massima possibile anche i rischi derivanti da imprudenza, negligenza o imperizia del lavoratore.